Classica

Sospesi tra paradiso ed inferno, il destino degli innamorati

Sospesi tra paradiso ed inferno, il destino degli innamorati
© Ph. Sahin

Serenate, villotte e moresche napoletane del '500 risuonano a Innsbruck grazie all'Ensamble Daedalus ed a spiritosi interpreti pilotati da Roberto Festa

Zwischen Himmel und Hoelle”, cioè “Tra paradiso ed inferno”. Intestazione un po' curiosa, quella data alla serata musicale che l'Innsbrucker Festwochen der Alten Musik di Innsbruck ha portato nella grande Sala Spagnola del Castello di Ambras il 19 agosto. Che tuttavia descrive assai bene lo stato d'animo di chi, innamorato, si strugge di passione. A volte corrisposta, a volte no. E qualche volta, ahimè, persino derisa.

Pochi suonatori, tanti colori

Sul palco un piccolo ma dinamico gruppo strumentale, l'Ensamble Daedalus: viole da gamba soprano e basso, flauto dolce, chitarre, colascione, liuto e oud. E all'occasione piccole percussioni. Sono talmente bravi, e talmente affiatati da una lunghissima familiarità, che non serve guidarli. Il loro direttore Roberto Festa sorveglia infatti di lato, intervenendo solo di tanto in tanto. Ma quasi solo per commentare con salace spirito partenopeo il progredire dei brani. E prima d'iniziare strategicamente provvede a spargere pure un po' di “Aria di Napoli” in scatola.

In mostra sono infatti brani, in gran parte anonimi, da varie sillogi edite a cavallo fra metà del '500 e l'inizio del '600, tutti dal respiro partenopeo. Come le raccolte Canzoni napolitane e Villotte napoletane del 1566, od il Terzo libro di villanelle (1616). Sull'italiano prevale la parlata – siamo all'ombra del Vesuvio, che diamine! - ma v'è pure un brano in castigliano, “Ye me soy la morenica”. Comunque, ognuno ha per argomento l'Amore: siano serenate all'amata come Vorria ca fosse ciaola, lamenti struggenti come Mi fai morire, ironiche canzonature come Si te credesse dareme martiello. E c'è pure un sonetto in musica - St'amaro core mio di Giovane da Nola - eseguito a cappella con accompagnamento di minime ma vivaci percussioni, per marcare il pressante battito d'un cuore spasimante. 
 

Un quartetto vocale d'eccellenza

Quattro le voci, tutte ben pratiche di questo particolare repertorio: un soprano, Manika Mauch, un baritono, Joseph Cabrè, e due tenori, Josep Benet e Marco Beasley. A quest'ultimo – ben noto per l'esplorazione dell'universo musicale antico – spetta anche un ruolo di attore, con il compito di declamare gradevoli versi che riflettono sulle varie declinazioni e sugli effetti dell'Amore. E che alla fine ci accompagna verso l'uscita «con degne reverenzie & belli inchini, seguito da li musici che, fieri paladini, di questo mio cantar furono complici e compagni» recitando per noi uno spiritoso ed ironico Testamento de lo Carnevale. Ultime volontà «tra riso e pianto, l'affanno e stento» con appropriati lasciti a commedianti, architetti, pittori, poeti e musici. A quanti, cioè, vivono e lavorano per il teatro.